Prima lettera pastorale di monsignor Lorenzo Gastaldi arcivescovo di Torino

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Lorenzo Gastaldi

1871 Indice:Prima lettera pastorale di monsignor Lorenzo Gastaldi arcivescovo di Torino.djvu Cristianesimo Cristianesimo Prima lettera pastorale di monsignor Lorenzo Gastaldi arcivescovo di Torino Intestazione 2 gennaio 2012 100% Cristianesimo

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VIVA GESU’
VIVA MARIA



LORENZO GASTALDI

DEL COLLEGIO TORINESE DEI TEOLOGI

PER GRAZIA DI DIO E DELLA S. SEDE APOSTOLICA

ARCIVESCOVO DI TORINO

PRELATO DOMESTICO
ED ASSISTENTE AL SOLIO PONTIFICIO DI S. S.


Al dilettissimo Clero e Popolo della sua cara Città e Diocesi
ogni grazia e benedizione da Dio Padre e dal S. N. Gesù Cristo.



Carissimi Fratelli e Figliuoli,


Nel presentarci per la prima volta a voi come vostro Pastore, sentiamo nel Nostro cuore una profonda trepidazione, ed al tempo stesso una viva fiducia. Ognuno di voi Ci presterà piena fede, quando affermiamo, che il [p. 2 modifica]Nostro spirito è scosso da sacro terrore nell’atto di montare su questa cattedra, sulla quale sedeva quel santo Prelato così degno del nome di Massimo, e sedettero sì gran numero di Vescovi chiari per dottrina e santità, i quali insieme col Nostro immediato Predecessore Monsignor Alessandro Riccardi (di sempre cara memoria) la rendettero una delle Sedi episcopali più antiche ed illustri nella Santa Chiesa cattolica. Nell’accostarci a questo trono arcivescovile Ci pare di avere innanzi quel grande Pontefice, così grave di aspetto, e così venerando non solo per la età, ma assai più per i meriti raccolti in tanti anni di glorioso pontificato; e udire dalle sue labbra quelle così semplici, ma così sublimi omelie, lette e meditate con sì grande ammirazione da tutto il Clero cattolico. Sì, Ci pare udirlo, quel Pastore zelantissimo, ogni dì festivo, da questa cattedra ammaestrare la moltitudine dei fedeli, che gli facevano corona; e insieme coi fedeli anche gli idolatri, e gli israeliti, e gli eretici, che tratti da quella celeste eloquenza venivano ad ascoltarlo. E chi siamo Noi, tosto Ci domandiamo, chi siamo Noi da osare prendere il posto di un Vescovo rifulgente di tanta dottrina, acceso di tanta carità, e la cui virtù e il cui zelo dissiparono da Torino ogni ombra di eresia e scisma, e pressochè ogni tenebra di idolatria e superstizione? E se egli con sì larga dovizia di erudizione e virtù; se egli ammirato e riverito da tutta la Chiesa siccome modello dei Vescovi, pure tremava al pensiero della ragione che al Tribunale di Gesù Cristo aveva poi a rendere delle anime a lui commesse, quanto più non dobbiamo Noi tremare, che siamo sì lungi dai suoi pregi e [p. 3 modifica]dalle sue doti? Come potremo degnamente addottrinare questo gregge in cui sono tante migliaia d’anime; come santificarlo con la potenza di preclari esempi e con la efficacia d’uno zelo e d’una vigilanza e d’una attività che rispondano a tanti e così varii bisogni?

A tali domande, prima di poter dare risposta, necessariamente l’anima si commuove, e la mente sentesi conturbata ed assalita da giusto timore di non aver forse a subire una caduta altrettanto più rovinosa quanto sublime è l’altezza del posto, a cui Ci vediamo sollevati.

Codesto terrore però non Ci toglie il coraggio necessario per assumerci sugli omeri il carico enorme che Ci viene imposto. Imperocchè Noi riflettiamo (e quivi è la risposta a quelle domande), che anche la grandezza di San Massimo venne da Dio, e solo da Dio, il quale lo riempì de’ suoi doni, e gli diede in aiuto dei Sacerdoti che cooperassero con esso lui a ben coltivare questa mistica vigna: e il sommo Iddio, che da tanti secoli si mostrò così benigno e sì largo de’ suoi favori verso la Chiesa torinese, e la fornì in ogni età di Vescovi e Sacerdoti che erano proprio all’altezza del loro sacro carattere; e la adornò d’una delle più preziose Reliquie della Passione del nostro divin Redentore, e dei portenti più celebri della sua mano; e la arricchì sì fattamente di Santuarii, delle ricordanze dei Martiri e di altri Santi, e di sì meravigliosi e celebri Instituti di carità; il sommo Iddio, che per mezzo del suo Vicario in terra Ci ha chiamati contro ogni Nostra aspettazione a questa cattedra così eccelsa, si degnerà, lo confidiamo, di assisterci; sarà [p. 4 modifica]sempre al Nostro fianco; e non solo non Ci abbandonerà, ma nella sovrabbondanza della sua misericordia manderà al suo umile servo un raggio della sua luce con cui sempre mai scorgere la via a tenersi, per non cadere nè a destra nè a sinistra; e insieme con la luce anche la forza e la costanza di fare ciò che gli si mostrerà aversi da fare, affinchè il regno di Dio si mantenga e cresca ognora in questa Nostra diletta Arcidiocesi. Questa è la preghiera che presentiamo a Dio O. M. per la intercessione di Maria SS. concepita senza macchia, e del suo castissimo sposo S. Giuseppe, e di S. Giovanni Battista e dei S. S. Martiri Secondo, Solutore, Avventore ed Ottavio, Patroni principali e di tutti gli altri S. S. Protettori di questa Città e Diocesi.

E mentre nutriamo la dolce speranza che l’Altissimo Ci assisterà coll’aiuto immediato ed interno della sua grazia, non solo Ci promettiamo anche l’aiuto esterno di zelanti cooperatori, ma su questo punto abbiamo ogni ragione di presentargli fin d’ora gli ossequii della Nostra più calda riconoscenza. Infatti nella stessa guisa che il nostro S. Massimo, siccome apparisce da’ suoi scritti, era coadiuvato dai Vescovi circonvicini; così anche a Noi è di grande conforto la sapienza e l’affetto dei Vescovi che governano le diocesi componenti questa Provincia ecclesiastica, i quali tutti Ci consolarono coll’assicuranza del loro sostegno; e fra cui con viva riconoscenza ricordiamo specialmente il chiarissimo Vescovo d’Ivrea; perchè recatici ad esso, come al più anziano, per ricevere il Pallio arcivescovile, egli e personalmente e per mezzo del Capitolo della Cattedrale e del Clero della sua città Ci fece le più [p. 5 modifica]amorevoli, generose e splendide accoglienze. Parimenti le singolari testimonianze di amore e riverenza che tutti gli Ordini del Clero, le Autorità civili, varii dei Patrizi, e distinti personaggi del Laicato si affrettarono a darci, non appena si ebbe notizia certa della Nostra promozione a questo Arcivescovado, ben Ci assicurano che la Provvidenza divina già Ci ha preparato e fuori di Torino e in questa città, e in tutta l’Arcidiocesi gli aiuti che Ci debbono venire dagli uomini.

Incoraggiati da queste testimonianze Noi in primo luogo riponiamo una consolante fiducia nel Nostro Capitolo Metropolitano, in questo venerabile Senato, che per una sì lunga serie di secoli apprestò così valida assistenza ai Successori di S. Massimo, e dal quale uscirono in ogni età tanti Vescovi e Prelati che e nel Piemonte e in altre parti d’Italia fecero fiorire la religione e la disciplina ecclesiastica. Quivi sono i Nostri primi Consiglieri, quivi è il primo appoggio del Nostro braccio, quivi il primo splendore della nostra Cattedra. La quale fiducia, come è troppo giusto, riposa dapprima nel Capo di questo Corpo sì rispettabile, cioè in quel degnissimo Personaggio tipo d’ogni virtù sacerdotale, ed insigne per la sua ammirabile bontà di cuore, a cui quasi tutti gli ecclesiastici dell’Arcidiocesi sono debitori di molti benefici, ed il quale sia nella vacanza che precedette l’episcopato del non mai abbastanza compianto Monsignor Riccardi, sia in questa che seguì quell’immaturo e così meritamente deplorato decesso, governò quest’Arcidiocesi con ogni prudenza, vigilanza ed affezione paterna, Noi, che dalla fanciullezza (e ce ne torna quanto mai soave la memoria) [p. 6 modifica]mai non cessammo di ricevere da esso le più singolari prove d’affetto, ed ogni maniera di ammaestramenti ed altri aiuti della prima importanza pel Nostro bene, pensate, quanto di consolazione Ci venga tenendocelo al Nostro fianco per giovarci della sua lunga esperienza e del suo zelo.

Noi poniamo anche una dolce fiducia nell’insigne Collegio della SS. Trinità, il quale dopo il Capitolo da oltre a nove secoli è il più antico ornamento del Clero torinese; e distinto com’è al presente nelle due Congregazioni del Corpus Domini e di S. Lorenzo, lavora sì indefessamente nella salvezza delle anime: nè mai Ci usciranno di mente le prove di amicizia ricevute nei molti anni che appartenemmo a questa ultima Congregazione. Nè minore è la fiducia che da Noi si pone in tutte le altre insigni Collegiate dell’Arcidiocesi, delle quali parecchie volte Ci fu dato di vedere lo zelo nel promuovere il decoro della Casa di Dio e le pratiche della pietà.

Noi Ci rallegriamo di viva gioia al solo pensiero della splendida corona che attorno alla Nostra Cattedra fanno tutti i Paroci dell’Arcidiocesi, specialmente i Vicarii foranei; conciossiachè Ci sia ben conosciuta la loro operosità, con la quale in questi tempi così ostili alla fede essi poterono conservare accesa questa fiaccola divina, ed anzi in molte e molte anime renderla più viva, più intensa e più brillante per esempi di virtù. Voi, o cari confratelli, voi, i quali tutti, senza eccezione alcuna e stringiamo ora al cuore, ed amiamo e quasi veneriamo come compagni e cooperatori nel Nostro [p. 7 modifica]episcopato, voi siete quelli che davvero, secondo la frase evangelica, portate il pondus diei et æstus: e da Noi sentesi profondamente il bisogno che abbiamo della vostra attività per far conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo a tutte le cinquecento e più mila anime che sono in questo Nostro gregge; e vedendovi pronti al sacrifizio di tutta la vostra persona in loro pro, non è a dire quanto di speranza e di coraggio si infonda nell’anima Nostra.

In questa lode a buon diritto voi avete la vostra parte, o Sacerdoti, i quali state più o meno a’ fianchi dei vostri Paroci per aiutarli in tutte le parti del loro arduo Ministero, e senza dei quali essi non potrebbero nè reggere alle fatiche immense, nè estendere a tutti la santa opera del loro zelo.

Ed un merito specialissimo si deve certamente riconoscere in voi, che adorni del sacro carattere di Gesù Cristo, avete consecrato i vostri talenti allo studio profondo d’ogni parte della Teologia cattolica, o delle discipline che vi stanno annesse; e con mirabile costanza avete faticato e faticate a spandere la luce delle scienze ecclesiastiche in tutto questo Clero, per tenerlo all’altezza della sua missione e in quella celebrità di dottrina in cui lo collocarono quelli che vi precedettero in questo nobilissimo ufficio.

Speranza e coraggio Ci viene pure da voi, o carissimi alunni dei Nostri Seminarii; chè senza di voi verrebbe a spegnersi la vita del Clero diocesano, e con esso si estinguerebbe ogni coraggio, perchè verrebbe meno ogni speranza. Voi siete le tenere piante diligentemente coltivate nel vivaio della mistica vigna a Noi commessa dal [p. 8 modifica]Padre evangelico, i quali avete da crescere in altrettanti alberi fecondi d’ogni sorta di frutti di eterna vita. Voi perciò guardiamo con occhio di particolare benevolenza, coll’occhio con cui un Padre predilige i figli da cui si promette il mantenimento e il lustro della famiglia.

Siate benedetti dal Signore e benedetti di singolari benedizioni voi tutti, che seguendo le orme del Redentore nell’osservanza non solo de’ suoi precetti, ma ancora dei suoi consigli, illustrate la Chiesa coll’esempio della perfezione cristiana. Ai molti di voi, che nell’ufficio di Paroci o di semplici Sacerdoti spendete la vostra vita nel coltivare le anime, già abbiamo rivolto più sopra le Nostre parole; e solo aggiungiamo che, osservando esattamente le regole di perfezione propostevi dai santi Institutori dei vostri Ordini, avete fuor d’ogni dubbio in esse un incalcolabile aumento di efficacia pel vostro santo Ministero. Nè Ci bastano le parole per esprimere quanto sentiamo in lode di tutti gli altri religiosi, i quali benchè non insigniti del carattere sacerdotale, tuttavia cospergono dei loro sudori questo campo evangelico o nel porgere istruzione ai fanciulli ed ai giovani, o nell’esercizio di ogni opera di carità; o se non altro, lo rendono più fertile fecondandolo con la potenza che viene dalla severità della virtù e dal fervore della preghiera.

E a voi, o sacre vergini del Signore, e a voi tutte, che vincendo la debolezza del sesso, mostrate un animo virile nel portare la croce così dappresso a Gesù Cristo, a voi, che legate coi santi vincoli dell’obbedienza, castità e povertà, ponete ogni studio nel rendervi sante e degne del vostro Sposo celeste; intente a nient’altro che ad opere [p. 9 modifica]di umiltà e di amore; le quali dividendovi gli ufficii di Maddalena e di Marta, altre rimanete in contemplazione presso all’altare; altre negli asili, nei ricoveri, nelle carceri, negli spedali e nei campi militari compite sì alacremente e con sì nobile fortezza ogni servizio più penoso e più importante di carità; sì a voi, che dirò io mai? Dirò con S. Cipriano, che voi siete i fiori più belli del giardino della Chiesa, e che il moltiplicarsi delle vostre case e comunità Ci riempie di letizia e di speranza.

Letizia e speranza, che Ci viene pure accresciuta di molto da tutti i varii ordini del Laicato, distinti o per nobiltà di sangue, o per chiarezza di dottrina ed erudizione, o per uffici civili e militari, o per l’industria ed operosità sociale, e nei quali risplendono segni così visibili della potenza della fede e del sentimento religioso, che il Supremo Gerarca ebbe, non è gran tempo, ad onorare di speciali e pubblici elogi la religione e la riverenza alla S. Sede apostolica degli abitanti di questa Nostra Città ed Arcidiocesi.

Finalmente alla Nostra speranza da parte del Laicato viene l’appoggio dei molti, che concorrono a tenere le redini del civile Consorzio, pei quali è una verità evidente, la nostra santa religione essere la sola base sopra cui possa mantenersi stabile e prosperare la Società civile.

Questa verità che non tardò a dimostrarsi chiara, non appena cominciò sulla terra a propagarsi la Chiesa di Gesù Cristo, nei giorni presenti risplende di luce così viva che al paragone si ecclissa quella del sole in pien meriggio. Non ostante il maraviglioso e continuo nostro progredire nelle arti ed in ogni ramo d’industria, non [p. 10 modifica]ostante la portentosa bellezza di cui brillano le città europee; la nostra sì decantata e sì boriosa civiltà è sull’orlo di rovinare nella più selvatica e più feroce barbarie. La guerra fratricida, e gli incendii infernali della misera capitale della Francia dopo che fu libera da’ nemici esterni; e i desideri e gli sforzi satanici che si manifestano per tutta Europa ed in America da una setta sparsa per ogni dove, e che ogni dì cresce a dismisura di potenza e baldanza, Ci dispensano dal corroborare d’argomenti la Nostra affermazione. E d’onde un pericolo sì spaventevole, d’onde la minaccia di mali così terribili? D’onde? Da ciò che fuori degli insegnamenti della Chiesa cattolica non esiste più un principio, una massima, una verità sola, che non sia stata scossa dal moderno scetticismo; quindi si è spenta ogni idea della giustizia, e del dovere; e l’interesse e la voluttà e la licenza più sfrenata hanno preso pieno dominio delle menti e dei cuori. D’onde il pericolo di tanto male? Da ciò, che si tenta di scristianizzare la società; si vuole che lo Stato, la Città, il Comune, anche la Famiglia, in quanto tale non abbia nulla a fare con Dio e con la sua Chiesa. Eppure, a meno di aver perduto ogni lume d’intelletto, non si può a meno di confessare, che nella sola Chiesa vi ha la stabilità di quei principii di ragione e di morale sopra cui si regge qualunque sia società; e che tutto ciò che interessa, conserva e promuove il bene degli individui, delle famiglie, delle città, dei popoli e delle nazioni, tutto, tutto affatto consiste solo negli ammaestramenti, nelle istituzioni e nelle pratiche di questa figlia di Dio e sposa di Gesù Cristo e [p. 11 modifica]tempio vivo dello Spirito Santo che è la Chiesa cattolica. Queste verità, le quali certissimamente sono manifeste a coloro che hanno mano nel governo della cosa pubblica, non possono a meno di muoverli ad aiutare il Vescovo, siccome quello che consecrando tutto sè stesso a promuovere quegli ammaestramenti, quelle istituzioni e quelle pratiche, spende anche i suoi giorni nel rendere fiorente e prospera la società civile.

Noi perciò animati da questa speranza, che rattempera di molto la Nostra trepidazione, di buon animo veniamo a dirigervi con la carità del Pastore. Nati e cresciuti in mezzo a voi, ed al vostro cospetto, ed unicamente pel vantaggio vostro spirituale saliti su pei gradi, e compìto ogni ufficio del Ministero ecclesiastico, immaginatevi quanto vivo sia l’affetto che vi portiamo, quanto fervido sia il Nostro desiderio di vedervi crescere in ogni bene; e per aiutarvi ad ottenerlo quanto pronta sia tutta la Nostra persona; e perciò quanta sia la certezza da noi goduta, che voi guardandoci come cosa tutta vostra, corrisponderete a queste disposizioni del Nostro cuore.

Ma vi sovvenga, ogni bene venire solo da Dio, ed ogni bene ottenersi da Dio e per noi e per gli altri con la preghiera animata dalla fede, pienamente sostenuta dalla speranza, e infervorata dalla carità.

Pregate per il Supremo Gerarca, l’angelico Pio IX, pregate per questo prodigio di longevità papale, per questo miracolo di sapienza e fortezza. Pregate per la Chiesa universale, per tutto il Clero, e specialmente pei Vescovi: pregate per la conversione degli idolatri ed infedeli, degli eretici e scismatici, e dei cattolici [p. 12 modifica]peccatori, per la perseveranza dei buoni, e l’infervoramento dei giusti. Pregate per il Nostro Sovrano Vittorio Emanuele II e la Reale Famiglia; e per tutte le Podestà civili. Pregate per Noi che tanto abbisogniamo di lume e di forza affine di compiere come si conviene questo gravissimo ufficio di Padre e Maestro, di Giudice e Condottiero che ci è imposto. E così e Noi e voi tutti possiamo conseguire il fine per cui siamo creati e redenti dal sangue di Gesù Cristo: per la autorità del quale Noi di tutto cuore impartiamo a ciascuno di voi la nostra prima Benedizione Pastorale nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo — Così sia.


Saluzzo, il 21 novembre, festa della Presentazione di Maria SS. dell’anno del Signore 1871.

† LORENZO Arcivescovo.

Sac. Teol. Tomaso Chiuso Segretario.

I signori Paroci nella prima festa di precetto dopo che avranno ricevuta questa lettera, la leggeranno dal pergamo, o tutta o quelle parti che parranno più convenienti nella funzione di maggior concorso.