Gazzetta Musicale di Milano, 1872/N. 20

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N. 20 - 19 maggio 1872

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[p. 165 modifica]-^TSTISTO 3XT. 20 I© MAGGIO 1872 DIRETTORE GIULIO RICORDI SI PUBBLICA. OGNI DOMENICA Il secondo numero di maggio della Rivista Minima uscirà domenica prossima. DI GOETHE E LE SUE TRADUZIONI MUSICALI Nessun poema mai ebbe tanta virtù d’innamorare eli artisti come la mirabile creazione di Goethe. Gli è o che nel Faust è posto come il problema della vita, e lo spirito si affaccia sbigottito a quel bujo misterioso. I contrasti della scienza impotente a sollevare il lembo dietro cui si nasconde la felicità, della gioventù che osa, e dell’amore che indovina è di tal natura da tentare irresistibilmente la fantasia. Le tele di Scheffer, di Delacroix e di cento altri sono per così dire emanazioni del genio di Goethe. La musica non doveva rimanere indifferente a questo poema; per essa anzi la tentazione era più diretta, il fascino più potente, i mezzi di traduzione più efficaci e più complessivi. L’infinita varietà dei quadri,’ dei personaggi, delle situazioni, si presta meravigliosamente agli effetti indispensabili in una lunga tela musicale. La soave figura di Margherita, l’ebbrezza sconfinata del vecchio che sente un’altra volta il rigoglio della gioventù e la febbre dell’amore, l’amara beffa dell’infernale Mefistofele, le scene di magia, le baraonde degli studenti, i bivacchi militari, i cori d’angeli, e quell’eterno sconforto della filosofia che ritorna ogni tanto — tutto ciò è supremamente musicale. Abbiamo dato altra volta l’elenco dei compositori che trattarono l’argomento del Fatisi’, faremo di più. Non è molto il signor Jullien ha pubblicato, nella Revue et Gazette Musicale di Parigi, uno studio dotto e diligente dove è detto d’ogni singola opera, e in special modo delle quattro più importanti che sono quelle di Spohr, di Berlioz, di Schumann e di Gounod. Noi seguiremo passo passo questo lavoro, riassumendolo o completandolo finché ei paja sufficiente a dare un’idea chiara ai nostri lettori. Goethe aveva espresso molte volte il desiderio che la sua concezione trovasse un grande compositore che la vestisse di note; ma riputava la cosa diffìcilissima, pensava che la musica dovesse avere il carattere di quella del Don Giovanni di Mozart, e non sperava se non in Meyerbeer, il quale in fatti ne ebbe più volte l’idea, ma vi rinunziò, a quanto pare, per non far torto a Spohr ed a Gounod. Rimane tuttavia di Meyerbeer un’opera postuma incompiuta col titolo La giovinezza di Goethe, in cui si contengono alcune pagine del famoso poema, e fra le altre la scena della cattedrale e l’hosanna finale della seconda parte; ma il testamento dell’illustre musicista vieta disgraziatamente la rappresentazione e la pubblicazione di quest’opera. Fra i molti lavori musicali sul Faust che ebbero la loro ora o la loro giornata di vita, e che ora sono sepolti nella dimenticanza, ve ne ha di pregevolissimi che importa rammentare al pubblico. Il Faust di Giuseppe Strauss apparve nel 1814, sette anni dopo la pubblicazione della prima parte del poema. Strauss Giuseppe fu, come è noto, musicista di gran merito, violinista esimio e autore di varie opere; La vita e le azioni di Faust, così egli intitola la sua opera, fu rappresentata nella provincia di Transitvania; nè il signor Jullien, nè il Fétis, nè altri dice del successo di quest’opera e del suo merito intrinseco. Ma bisogna argomentare che il successo fosse poco felice, perchè un anno appena dopo un altro compositore, Giorgio Vichi, faceva rappresentare al teatro Schikaneder di Vienna una produzione collo stesso titolo non abbastanza mascherato: La vita, le azioni e la discesa di Faust all’inferno. Anche di quest’opera ignoriamo il successo. Nel 1820 il cav. Ignazio Saverio de Seyfried regalò a Vienna un altro Faust. Costui era stato allievo di Mozart per il pianoforte, di Haydn per l’armonia e di Winter per la composizione. Ma non pare che quei grandi maestri sapessero far di lui un grande compositore drammatico, perchè dall’elenco interminabile delle sue opere teatrali non una si sottrasse alla dimenticanza. Questo Faust è seppellito come il resto della sua musica teatrale, la quale mancava d’originalità. 11 nome del cav. Seyfried è però rammentato in Germania con onore quando si parla di musica religiosa. L [p. 166 modifica]166 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO È appena da citarsi la fatica dell’inglese Enrico Bishop, per adattare alle scene del Covent-Garden, di cui era direttore, il Faust di Spolir, segnandolo col suo nome! Nel 1827 la potente creazione del genio tedesco trovò un traduttore musicale francese, il signor di Bancourt, il quale fece rappresentare un Faust al teatro des Nouveautés. Ma la musica era raccolta qua e là nelle opere francesi, e il melodramma era una sciocca parodia, che si salvò per l’esecuzione affidata ad artisti di vero talento. Il barone di Pellaert, un dilettante, compose la musica di un Faust che ottenne un successo legittimo a Bruxelles nel 1834. Fin qui il Faust non era stato trattato sul serio; la parodia se n’era impadronita prima di tutti e minacciava di sbarrare la via alle concessioni severe. Fu una donna che sbarazzò il passo, la signorina Bertin, che congiungeva alla scienza musicale un rispetto sommo pel nome di Goethe. Il suo Faust fu rappresentato per la prima volta il giorno 8 marzo al teatro dell’Opera italiana di Parigi. Il libretto riproduceva fedelmente •le situazioni principali del dramma, e conservava anzi una situazione caratteristica trascurata di poi, la cucina delle streghe. La musica fu giudicata con indulgenza, con galanteria, il che non vuol dire che mancasse di pregi. Era, pare, musica più ben fatta, che ispirata. In Germania non mancava chi lavorasse musicalmente intorno al poema di Goethe. Nel 1832 Lindpaintner faceva rappresentare con lieto esito a Stuttgart un Faust che fu riprodotto a Berlino nel 1834. Quest’opera contiene pagine notevolissime, e fra le altre una stupenda ouverture che ha un carattere sinistro e diabolico. Nel 1835 Faust si vestì di note per opera d’un principe, Antonio Radzivill, governatore del granducato di Posen^ dilettante appassionato di musica e valente violoncellista. La sua opera apparve a Berlino, e fu eseguita, per quel che ne dice Fétis, in molte città di Alemagna, e in special modo a Berlino,, dove ancor oggi l’Accademia reale di canto la eseguisce nel giorno delT anniversario della morte del suo autore. Lo stesso Goethe ne fa l’elogio nei suoi Annali. Si suppone per altro con fondamento che alla composizione di questa musica principesca non fosse estraneo il maestro di cappella Guglielmo Schneider, di cui il principe Radzivill era allievo. Giulio Rietz fece rappresentare nel 1836 un altro Faust in un teatro fondato da Immermann a Düsseldorf. Il signor Jullien e Fétis ei informano che codesto Rietz, nato nel 1812 a Berlino morto a Dresda nel 1866, fu amico di Mendelssohn, direttore dell’Accademia di Lipsia, ingegno elevato e modesto, ma non ei apprendono nulla intorno al suo Faust. Gordigiani, il celebre autore di tante stupende melodie per canto, non era ingegno di tal natura da avere grandi successi nel melodramma. Delle poche sue opere teatrali nessuna si è salvata dalla dimenticanza. L’argomento sovranamente sintetico e grandioso del Faust >era certo il meno adatto alla sua musa., gentile? accurata, minuziosa ed elegante nell’analisi; nondimeno egli ’ O 7 0 vi si accinse sopra un pessimo libretto e fece rappresentare l’opera condotta a termine in brevissimo tempo al teatro dellaPergola di Firenze nel 1835. L’esito, contrariamente a quel che ne scrive il signor Jullien, fidandosi al Fétis., fu un fiasco clamoroso, come se ne contano pochi nella storia delle vicende teatrali, ma ne ebber colpa più della musica (che era certo pregevole se non di natura da muovere l’entusiasmo), le castronerie del libretto, l’insufficienza di prove, l’esecuzione trascurata degli artisti (che pure erano di cartello), e infine là puerilità dei mezzi meccanici adoperati per le trasformazioni e gl’incantesimi. Spohr, Berlioz, Schumann e Gounod, hanno fatto meglio di tutti gli altri, e le loro opere sul Faust non morranno certo interamente mai. f Continua) Giuseppe Verdi ricevette giorni sono la seguente lettera: Sig. Verdi gentilissimo. Reggio (Emilia), 7 maggio 1872. Il giorno due del corrente mi recavo a Parma chiamatovi dall’opera rumorosa YAida mezz’ora prima che si alzasse la tela, io era nella mia sedia N. 120, la prevenzione era grande per parte mia. Ammirai la messa in scena, sentii con piacere quei grandi artisti e cercai di non perdere nulla. In fine del? opera domandai a me stesso se mi trovavo contento e ne ebbi un responso negativo, ritornai a Reggio e stando nella carrozza ferroviaria stetti a sentire i giudizi! che se ne facevano; quasi tutti erano d’accordo nel dire che era una grande opera. In allora mi venne il ticchio di novellamente udirla ed il giorno quattro ripartii alla volta di Parma, feci il diavolo per entrare senza aver bisogno del posto riservato, ma la calca essendo immensa. mi convenne gettare L. 5 e sentii la replica con comodità; dopo convenni cosi: che è un’opera che non vi si trova alcun pezzo che strappi l’entusiasmo, che vi elettrizzi, e che senza quel grande apparato che è di esclusiva proprietà dei c non si potrebbe durare sino alla fine; e che quando avrà fatto due o tre teatri finirà per essere posta nei polverosi archivi. Ora, caro Verdi, non potete idearvi come mi trovi riialcontento di aver speso in due volte L. 32, ammessa anche la circostanza aggravante che sono figlio di famiglia e questi danari a guisa di orribili spettri vengono a disturbare la mia pace. È a voi che mi rivolgo risolutamente onde vogliate rimettermi tale somma e voi dovete restituirmela tosto. Eccovi il conto: Ferrovia - andata L. 2 60» - ritorno 3 30 Teatro 8 00 Cena scellerata alla stazione.... 2 00 L. 15 90 Bis 15 90 Totale - L. 31 80 Da un tale dispiacere io penso che voi vorrete levarmi, ed in questa speranza vi saluto di cuore. Bertani. Indirizzo — Bertani Prospero, Via S. Domenico, N. 5. Il maestro Verdi commosso dalle sciagure del signor Bertani, incaricò l’editore Ricordi di far ricerca del [p. 167 modifica]GAZZETTA MUS l’infelice, con ima lettera eli cui riportiamo un frammento: «Figuratevi se, per sollevare un figlio di famiglia dagli orribili spettri che disturbano la sua pace, io non sono disposto a pagare quel piccolo conticino di cui mi dà nota! Vi prego dunque, col mezzo del vostro corrispondente o di un banchiere, di far rimborsare per conto mio a questo signor Bertani Prospero, via S. Domenico N. 5, lire 27. 80. Non è l’intera somma che mi domanda, ma... pagargli anche la cena!... questo no. Poteva ben cenare a casa sua!!! «Ben inteso, che rilascierà una ricevuta della somma, ed anche una piccola obbligazione, colla quale prometta di non andare più a sentire mie opere nuove per evitare a lui il pericolo di altri spettri, ed a me la burletta di pagargli un altro viaggio.» Le ricerche dell’editore Ricordi non andarono infruttuose. Contro quel che si temeva, la città di Reggio (Emilia) ha la fortuna di possedere il signor Bertani Prospero, il quale, liberato finalmente dagli spettri che disturbavano la sua pace, ha sottoscritto di sua mano il seguente prezioso documento: Reggio (Emilia), il 15 maggio 1872. Io sottoscritto dichiaro aver ricevuto dal Maestro G. Verdi la somma di italiane lire Ventisette,cent. 80, a saldo spese di due gite a Parma per sentire Y Aida, il cui autore trova giusto che mi vengano rimborsate, non avendo giudicato l’opera di mio gusto. In pari tempo rimane stabilito che non mi recherò più a sentire opere nuove del Maestro Verdi, a meno che assuma totalmente a mio carico la spesa relativa, qualunque possa essere il mio giudizio in merito delle stesse. In fede - Bertani Prospero. Reggio, li 15 maggio 1872. Ft. 9 E l Intorno ad una fantasia Sull’Azòto, scritta dal violinista Papini, ed eseguita giorni sono a Napoli, leggiamo parole non sospette di elogio nel Piccolo. È il fratello dell’editore napoletano Cottrau che scrive con bell’esempio di giustizia quanto segue: Guido Papini ha suonata una sua Trascrizione-Fantasia sull’Aida. E un pezzo comandatogli dal Ricordi — proprietario dell’opera nuova di Verdi — e dedicato alle signorine Annetta e Maria Cleussen. Mosaico felicissimo, che ti rivela nel loro testo quattro delle pagine più ammirande di cotesta già tanto celebre Aida, e ti permette presumere che il Verdi è sempre quegli del glorioso Don Carlos. E vuole e sa restare italiano, e non s’intedeschisce. I temi della Trascrizione-Fantasia, sono: Tempo binario dell’aria della protagonista (secondo atto) «di me pietà «; duetto a soprano e contralto (Aida ed Amneris ); frammento del ballabile delle sacerdotesse egiziane; e la melodia 2[4, «Morir si pura e bella», nell’epilogo straziante che condanna vivi a sepoltura il soprano e il tenore. Questo canto è la vera agonia del cigno, è balsamo, è poesia, è ispirazione che va noverata fra le più imperiture di Verdi, e che forse basta, da sola, a legittimare i trionfi già toccati all’Aìda. Bellissimi, italianissimi, son pure gli altri tre brani dell’opera, e noto di preferenza il ballabile. ¥ Uno dei più riputati fabbricanti di strumenti, di Parigi,il signor Goumas, successore della ditta Buffet e Crampon, ricevette nei primi del mese passato la visita d’un flautista valente che domandò di provare i nuovi flauti a 25 chiavi, a due suoni ed a serbatoio d’aria. La sua domanda era fatta assai seriamente e pareva convintissimo che stava per vedere questo meraviglioso strumento. Il sig. Goumas non potè trattenere una certa ilarità; rispose che questo famoso flauto non aveva mai esistito che nella sua immaginazione. «Scusate, rispose il flautista, esso esiste e ne ho in mano le prove. Perchè mi avete voi scritto intorno a ciò una lettera che non lascia dubbio di sorta e perchè mi avete invitato a passare nelle vostre officine per provarlo? Eccovi appunto l’invito.» CALE DI MILANO 167 Il signor Goumas, assai meravigliato, lesse la lettera seguente. Parigi, 1 aprile 1872. «Ho l’onore d’annunziarvi che io ho inventato un flauto d’un sistema affatto speciale; si compone di venticinque chiavi, e per mezzo d’una ingegnosa combinazione permette di dare due suoni per volta: contiene inoltre un doppio cilindro che si può togliere o mettere a piacere per facilitare la respirazione alle persone che hanno il fiato corto. «Questo flauto, siccome io spero, è destinato ad un gran successo, ed è perciò che faccio appello a tutti i dilettanti e professori di questo istrumento, uno dei quali mi ha fatto conoscere il vostro nome e il vostro indirizzo. «Vi prego dunque, signore, di voler venire al mio magazzino per rendervi conto coi vostri occhi della meravigliosa invenzione di cui io sono autore. «Aggradite, ecc., ecc. A. Gumas. Allora soltanto il signor Goumas e non Gumas si avvide che entrambi erano l’oggetto d’una mistificazione; il flautista se ne andò confuso... Era... un pesce d’Aprile. Rivista Milanese Sabato, 18 maggio. L’Italiana in Algeri ha vendicato al Politeama la Semiramide e le altre sorelle meno venerande che l’hanno preceduta. L’impresa credeva in buona fede che dopo un trattamento di stonature il pubblico fosse preparato a sopportare anche quelle delY Italiana in Algeri; ma oltre che in fatto di stonature è un errore ingenuo invocare l’abitudine, questa volta poi la dose fu cosi enorme che viscere umane non la potevano sopportare. Il pubblico infatti non l’ha sopportata e questa povera Italiana in Algeri, maltrattata dagli anni, peggio trattata dagli artisti, dai cori e dall’orchestra, fu seppellita ancora palpitante, cioè prima della stretta del finale ultimo. Fu avvertito che la scelta dell’opera era già per sè stessa uno sbaglio; questa Italiana ha forme decrepite, e lo stile giocoso vi piglia sembianze d’una copia mal riuscita per poco che si abbia in mente l’eterna giovinezza del Barbiere. E se alcuni pezzi sono belli, e un paio stupendi, sono però fatti scontare ad usura dalla poca originalità del rimanente. Un’esecuzione buona l’avrebbe fatta tollerare per qualche sera, ma senza estrema beatitudine nè del pubblico, nè della cassetta. Queste parole hanno Faria d’un consiglio postumo, e non le avrei scritte se non vedessi annunziata al Re (vecchio) la stessa opera. Non metto in dubbio i miracoli d’un’interpretazione eccellente, ma ha poi l’impresa del Re (vecchio) mezzi e volontà di darci un’esecuzione eccellente? E ciò che vedremo assai presto, perchè quel teatro si aprirà nella prossima settimana. Tornando agli esecutori dell’Italiana in Algeri al Politeama, non uno fu innocente dalle stonature. Mi guardi il cielo dal dire che la signora Garbato sia meno rea dei suoi compagni, ma essa almeno ebbe applausi più volte e nel primo atto l’onore di dover ripetere un’aria. Il baritono Marcassa ed il tenore Pieraccini ebbero pure momenti buoni, ed applausi molti; degli altri è carità il tacereLa compagnia Meynadier ei ha lasciati, dopo aver esperimentato lungamente gli inutili ed ipocriti rigori d’un pubblico che interveniva in folla ogni sera, e si sgangherava dalle risa, ma non ei èra verso che volesse applaudire. Nelle sere di addio però fu fatta la pace; la signora Matz-Ferrare, Carrier e Cristiane, ebbero applausi entusiastici; se devo dire quel che mi pare, quell’entusiasmo tardivo valeva meglio del falso spartanismo venuto di mgpla colle vesti à la Pompadour. Poche sere prima di andarsene la compagnia Meynadier ei fece gustare le primizie d’uno spettacolo di famiglia - Le voyage en Chine, musica di Bazin. Era, non vi ha dubbio, uno spettacolo di famiglia, ma quale spettacolo! Un padre testardo che vuol dar marito alla figlia, ma non vuol darle quello che essa ama, un amante più caparbio [p. 168 modifica]168 GAZZETTA MUSI die chiede la mano della ragazza per tre interi atti e finalmente l’ottiene, una figlia che si ribella al padre, gli parla con arroganza e accetta di fuggire col fidanzato del suo cuore. Conveniamo che tutto ciò, se pure avviene spesso nelle pareti domestiche e merita perciò il battesimo di spettacolo di famiglia, è meglio che avvenga a porte chiuse, o quando i bimbi sono a scuola. Ma, siamo giusti, non vi si balla il can-can, non vi sono frasi trasparenti, immagini grasse, gli attori indossano la marsina e portano il cappello a cilindro e le attrici hanno la veste a strascico. E già una larga concessione alla moralità dei costumi da parte degli autori di operette; dunque spectacle de famille. Questo Voyage en Chine è del resto assai divertente; vi hanno scenette graziose e tipi amenissimi. Un balbuziente che fa la cura dei ciottoli non vi lascia serii un minuto; e il bravo Dervillers fu insuperabile in questa parte. La musica è ben fatta, fluida, graziosa, disinvolta; non è la buffoneria musicale di Offenbach, ma è forse di meglio. Non cagiona entusiasmi subitanei, ma può piacere più a lungo; è insomma qualche cosa di più nobile àeW operetta, senza essere ancora la vera musica V opera comica. Abbiamo parecchi spettacoli in preparazione. Oltre quello del Re (vecchio), si annunzia Y Emani al Politeama, una serie di rappresentazioni V operette milanesi al nuovo teatrino dei giardini pubblici, e spettacolo straordinario alla Scala a beneficio dei danneggiati dall’eruzione del Vesuvio. Per quest’ultimo si è molto saviamente rinunziato all’idea di massacrare un’opera di Donizetti, di Verdi o di Rossini, e si darà invece un’accademia sotto la direzione del maestro Faccio. Riudremo la bella cantata del Mazzucato, che non possiamo dire di aver udito quando fu eseguita in piazza del Duomo l’anno passato; avremo una nuova sinfonia del Faccio, la sinfonia della Dinorah, la gran marcia e coro dell’Assedio di Corinto di Rossini, e la ronda di Cherubini, oltre molti altri pezzi. La parte musicale sarà divisa da intervalli coreografici; verranno riprodotti due ballabili della Sirena, e il passo a otto delle Figlie di Chèope. Non è ancora stabilito definitivamente il giorno dello spettacolo. a r ALLA RINFUSA V" Nel Corpo di Musica della Banda della Guardia Nazionale di Milano è aperto il concorso per il posto di primo bombardino obbligato, collo stipendio di L. 1100. Gli aspiranti dovranno presentare le domande prima del 31 maggio alla Segreteria del Corpo di Musica in Piazza Mercanti. Per la stagione di Fiera è d’appaltarsi il teatro di Faenza. La dote è di 26 mila lire. Il signor A. Pougin ebbe una medaglia d’argento dalla Società di scienze, lettere e arti di Bordeaux, in ricompensa di due biografie musicali: Alberto Grisar — Bellini, Sua vita e sue opere.

  • L’artista di canto signor Giuseppe dal Puente ei prega di smentire la

notizia, data da alcuni giornali, della sua riconferma al teatro Apollo di Roma, per la ventura stagione 1872-73. V Il Bellini (giornale) di Palermo cambia il nome in quello di Argo, e diventa un foglio politico-commerciale-letterario-musicale-teatrale. Bagatelle! È imminente l’apertura del teatro di Camerino, per opera di una società di signori del paese; gli artisti scritturati sono: la Demi, Vicentelfi, Miller.

  • Dicesi che Merelli abbia riconfermato, per Vienna, primavera 1873, la

Patti, coll’ingente paga di 8000 franchi per sera!, * Fra pochi giorni avrà luogo a Londra, la vendita dei gioielli della Lucca. E una collezione di spilloni, di diademi, di pietre preziose d’ogni fatta. Ogni oggetto ricorda un trionfo. Così le Ménestrel.

  • Anche ad Huy, nel Belgio, avrà luogo il 18 agosto un gran concorso

d’armonia e di fanfara a cui sono invitate tutte le società del Belgio e dell’estero. Dirigersi al sig. A. Gerard, via Nuova, 39 a Huy. V Al teatro delle Folies-Marigny a Parigi ebbe lieto successo un’operetta in un atto col titolo Le Garçon de gabinet La musica è del sig. Talexy. CALE DI MILANO V i coniugi Jaëll diedero a Nevers ed a Bourges due splendidi concerti a beneficio delle vedove e degli orfani mettendo del proprio tutte le spese. A Nevers il prefetto, il generale e il maire offrirono alla signora Jaëll un magnifico mazzo di fiori ed a Bourges la Società di soccorso ai feriti fece coniare una medaglia commemorativa in onore dei generosi artisti. La vedova Rossini ha inviato al sig. Vaucorbeil, commissario del Governo presso il Conservatorio ed i teatri sovvenzionati, il metronomo di cui si serviva il suo illustre marito.

  • Il signor de Saint-Georges fa nel Figaro un appello commovente a tutti

coloro che onorano la memoria di Auber, perchè concorrano ad erigergli una tomba. La salma dell’illustre autore della Muta giace da oltre un anno in una tomba provvisoria. 4 Il direttore dei concerti popolari di Parigi, Pasdeloup, si reca in Inghilterra colla sua orchestra per un lungo giro artistico. X» L’Accademia di scienze lettere ed arti del Belgio celebrerà il 28 e 29 corrente il centenario della sua fondazione. Il 28 l’orchestra del Conservatorio eseguirà un’opera del secolo decimosesto e un’altra opera contemporanea alla fondazione dell’Accademia. Il 29 avrà luogo l’esecuzione d’un’opera del defunto Fétis.

  • L’esimio pianista e compositore cav. Giulio Sachs da Francoforte, fu

nominato testé socio onorario della Società Filarmonica di Napoli. Il Don Carlos di Verdi fu eseguito con immenso successo a Varsavia. Un dispaccio da Nuova York in data del 12 corrente annunzia che il teatro Niblo, in Broadway New-York, fu interamente distrutto da un incendio.

  • Il Correo de Teatros di Barcellona ei informa che per causa degli avvenimenti

politici si sono chiusi molti teatri di Spagna, e molti impresari che attendevano a preparare spettacoli hanno interrotto le trattative.

  • Un olandese spedì alcune composizioni ad un editore di musica a Lipsia,

e scrisse: «In Utrecht (Olanda) vi sarà quest’anno una festa musicale; se potessi avere l’onore di incontrarvi, sarebbe per me una gioia il mostrarvi il nostro lago diseccato e provarvi che i vecchi abitanti, i muti pesci, sono rimpiazzati da uomini con cuori suscettibili. «Al teatro di Città a Lipsia si sta provando l’opera in cinque atti, Diana von Solange, del duca Ernesto di Coburgo-Gota. v A Baden-Baden comincieranno, il l.° agosto, i concerti di Giovanni Strauss.

  • Alla gran festa musicale a Cassel verrà eseguito, tra le altre cose, l’oratorio

Santa Elisabetta di Liszt.

  • L’Accademia di Canto a Colonia eseguì La caduta di Babilonia di

Spohr.

  • La Società filarmonica di Innsbruck darà una gran festa musicale nei

giorni 11 e 12 giugno. Il Messia di Handel, che non fu ancora eseguito nel Tirolo, farà parte del programma. Liszt, che da alcune settimane trovasi a Weimar, aprì nel suo salone una serie di mattinate, ove il grande pianista riunisce il fiore della Società e molti valenti artisti.

  • L’Unione Riedel a Lipsia eseguirà il Requiem di Berlioz, riducendo le

quattro orchestre prescritte in una sola, e ciò pei* risparmio di spese, senza por mente che l’opera gigantesca ne verrà a scapitare sensibilmente.

  • La Società Berlinese per l’investigazione della musica, posta sotto la

protezione del principe Giorgio di Prussia, apre una sottoscrizione per pubblicare opéré musicali teoriche e pratiche dei secoli 16.° e 17.° CORRISPONDENZE ROMA, 14 maggio. Occhiata retrospettiva... molto retrospettiva.., ai teatri ’di Roma — Meditazione proposta all’impresario Jacovacci — Un occhiata al futuro — L’Ebreo e il tenore Vanzan — Lo Spirito maligno e la ballerina Zucchi — La Norma al Politeama — Santa Cecilia a spasso — Progetto di un Liceo musicale a Roma — I maestri Sgambati e Pinelli. Forse vi parrà che tra l’una e l’altra delle mie corrispondenze passino troppe battute d’aspetto, ma vi prego di credere che il mio silenzio avrà cagionata ben lieve perdita ai lettori della Gazzetta. Fate conto che noi viviamo, per ciò che riguarda la musica, in un paesello di provincia. Non parlo di Modena, di Reggio, di Parma, d’Ancona, tutte città che hanno di quando in quando fior di spettacoli in paragone dei nostri. Invece di un corrispondente da Roma, potreste averne uno da Foligno, o dà Perugia, chè già sarebbe in grado di mandarvi notizie non meno importanti di quelle che io vi trasmetto. Il teatro Apollo fu chiuso con la Virginia, opera che ha l’ultimo atto bellissimo ed altamente drammatico e gli altri pesanti ed altamente papaverici. Il Bottero ei ha esilarati con un breve corso di rappresentazioni al teatro Valle, ma la principale novità del suo repertorio fu il.... Don Bucefalo. Tentò per alcune sere il Papà Mar [p. 169 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 169 Un del Cagnoni, opera non destituita di pregi quantunque molto inferiore al Michele Perrin dello stesso autore. Poi se volle impinguare la cassetta, gli fu mestieri ritornare alle bizzarrie per pianoforte ed alla Gigogin variata per violino. Il celebre buffo aveva con sè due artisti dei quali sarebbe ingiustizia tacere. La signorina Trebbi ed il tenore Gnone sono cantanti veramente di garbo per le opere di stile leggiero, e di rado udii il Bottero così bene accompagnato. L’impresario fece quattrini a iosa, e ciò basta a dimostrare che il pubblico romano appena gli si offre qualche spettacolo decente e tollerabile, vi accorre numeroso. E di queste buone disposizioni del nostro pubblico abbiamo più d’una prova ne’teatri di prosa, e segnatamente al Valle dove fece tanti guadagni la compagnia Marchi, Ciotti e Lavaggi, ed ha ora la fortuna non meno propizia la compagnia veneziana del Moro-Lin. Su questi fatti dovrebbe meditare il buon Jacovacci che sempre si lagna della sorte avversa. Può egli pretendere che il pubblico gli rimanga fedele, quando gli spettacoli da lui ammaniti non sono degni d’una capitale? Sapete qual è l’errore del signor Jacovacci? Quello di non persuadersi che mutate le condizioni politiche della città, è mutata anche la qualità del pubblico che interviene ai teatri. È verissimo che l’aristocrazia romana, da due anni, si astiene dai divertimenti, ma i palchi dell’Apollo e dell’Argentina non sono di proprietà, privata; l’impresario può venderli a chi gli pare e piace: invece del principe li può occupare il banchiere. Con la capitale del regno d’Italia son venute a Roma non meno di cinquanta mila persone; ammettiamo pure che i miseri travetti torturati e dissanguati dai proprietari di case abbiano ben altro in capo che di divertirsi; ma è possibile che in mezzo a tanto movimento di persone e d’affari, in una città visitata l’inverno da migliaia e migliaia di forestieri, non possa vivere, anche indipendentemente dall’aiuto della aristocrazia romana, un teatro di prim’ordine con circa duecento mila lire di dote e la libera disponibilità di tutti i palchi? Questa, l’amico Jacovacci, non la darà da bere nè a me nè ad alcun altro che non sia affatto ignaro di cose teatrali. Con la prossima stagione di autunno-carnevale-quaresima termina il contratto Jacovacci. Ignoro s’egli aspiri a rinnovarlo. Forse egli stesso è in una grande incertezza. Credo che parli sinceramente quando afferma che avrebbe sostenuto qualunque sacrifizio per mettere in scena Y Aida. Uno spartito ardentemente desiderato dal pubblico, ed eseguito in modo conveniente, avrebbe rialzato le sorti dell’impresario. Dio e la Casa Ricordi hanno disposto altrimenti, ed io non intendo di ritornare su questo spiacevole argomento. Perduta la speranza delYAida, il nostro impresario, se da un lato si trova imbarazzato a formare per T anno prossimo un repertorio soddisfacente, dall’altro si presenta al pubblico come una vittima che, per cagioni indipendenti dalla propria volontà, non può dare gli spettacoli che avrebbe avuto in animo d’allestire. Invece dell’AzW avremo probabilmente il Manfredo di Petrella, e si parla eziandio di qualche altra novità. Pel carnevale, ch’io mi sappia, non sono ancora scritturati che la Vizjak, il Gayarre ed il Collini. È compagnia che si possa dire all’altezza del primario teatro d’una capitale? Lascio a voi il giudicarlo. Intanto per la corrente primavera il signor Jacovacci ha ceduto TArgentina ad un impresario di Pisa e di Livorno, il quale ha qui trasportato gli spettacoli che aveva dati in quella città. Ha esordito coll’ureo d’Apolloni e col ballo Lo spirito maligno del Rota. Il miglior capo della compagnia nuova è il tenore Vanzan, il quale possiede una voce della forza di 500 cavalli ed urla come se avesse in corpo una legione di demoni. È applaudito a furore da quel centinaio di spettatori che ogni sera giuocano al pallone nella vastissima platea dell’Argentina, e mi viene assicurato che l’impresario Jacovacci lo ha arruolato nelle sue schiere per T anno venturo. Il ballo si regge per merito della Zucchi, graziosa ballerina. In complesso, però, affari magri, e per verità a Roma si può desiderare qualche cosa di meglio. Per chi non si contenta dell’Argentina vi è il Politeama colla Norma. Il Politeama è un teatro testé rinnovato e dà le sue rappresentazioni alle 6, proprio all’ora che i galantuomini pranzano. Vi confesso umilmente il mio peccato. Non ho ancora avuto il coraggio di sacrificare il pranzo per fare una passeggiata fino in Trastevere dove questa Norma canta ogni sera la sua invocazione alla luna. Mi dicono però che non vi è malaccio, ed io mi riservo di parlarvene quando l’avrò udita. E più facile andare da Milano a Monza che dalla piazza Colonna fino in Trastevere. Gli accademici di Santa Cecilia dovrebbero ora discutere un progetto di Liceo preparato da una Commissione che ha pure in pronto gli statuti per una cassa di mutuo soccorso fra gli artisti di musica. Ma per tenere un’adunanza generale e discutere il lavoro della Commissione manca una cosa importante, la sala per la riunione. Il governo che lasciò in pace ne’ loro conventi frati e monache e perfino i gesuiti, si affrettò a scacciare TAccademia di Santa Cecilia dal locale che occupava, per collocarvi un ufficio governativo. Santa Cecilia e i suoi accademici furono mandati a domicilio coatto in un granaio di via Ripetta, dove non c’è posto di muoversi. Compiuta questa prodezza, l’onorevole Sella e il suo alter ego Giacomelli si congratularono a vicenda d’aver salvata la patria. I buoni accademici sperano, ciornalgrado che il governo italiano li aiuterà a stabilire il Liceo. Questa è fede robusta. Posto il caso improbabile che il governo fosse disposto a far qualche cosa, dovrebbe pur rivolgersi al Parlamento il quale per il Liceo musicale di Roma non spenderà mai un baiocco. Questa è la verità nuda e cruda. Del resto, siamo giusti; il governo che ha già sulle spalle tre o quattro conservatorii, deve istituirne uno nuovo a Roma? Questo dovere non ispetterebbe piuttosto alla Provincia e al Municipio? È a questi che deve rivolgersi T Accademia di Santa Cecilia, se vuole veramente che le sue proposte abbiano qualche probabilità di essere adottate. A che pascersi di illusioni? Intanto convien dar lode allo Sgambati ed al Pinelli, due bravi giovani che ora fanno scuola gratuitamente di pianoforte e di violino. Questo fatto dimostra che agli artisti romani non manca la volontà di far bene, e che in alcuni di loro si trova un disinteresse assai raro in persone che dall’arte devono ritrarre il proprio sostentamento. A... TORINO, 16 maggio. H primo Concerto Popolare al Teatro Vittorio Emanuele - (Sinfonia di Foroni Sinfonia eroica di Beethoven - Sinfonia dello Struensée di Meyerbeer - 1. Preludio del Lohengrin di Wagner - Sinfonia della Gazza Ladra di RossiniJ - Altri teatri, Perchè in Italia non abbiamo Concerti Popolari? Le ragioni sono molte. ma la principale si è quella che manca il popolo, ossia la quantità di gente necessaria per incassare una grossa somma col mezzo di piccole entrate. Nelle grandi città capitali, tra la popolazione stabile e quella fluttuante, tra lo sciame dei curiosi e quello degli amatori, non è difficile avere il contingente di pubblico necessario ai Concerti popolari; ma in quelle secondarie o dove gli abitanti si contano a qualche centinaio di migliaia, per quanto portati siano per il teatro e per gli altri spettacoli, è impossibile raggranellare il numero indispensabile e ei si rimetteranno sempre le spese. La Commissione promotrice di quelli che si sono inaugurati domenica scorsa al Teatro Vittorio ha sciolto felicemente il problema formando una società per azioni di lire dieci annue cadauna, colle quali, assicurate in parte le spese, sono resi possibili i Concerti Popolari, ossia i trattenimenti di musica classica a buon mercato per istruzione degli studiosi, per vantaggio degli artisti, per incremento dell’arte, per educazione artistica di quella parte di popolo che frequentando piccoli teatri non ha nemmeno l’idea d’una grandiosa composizione orchestrale. La commissione, formata di ragguardevoli personaggi appartenenti alcuni alla classe più elevata della società, altri al novero dei più dotti ed appassionati cultori dell’arte musicale, avendo escluso la speculazione e fatto invece luogo alla beneficenza, ha trovato buon numero di azionisti in breve spazio di tempo e l’istituzione dei Concerti Popolari di musica classica in Torino è un fatto compiuto. Alle ore due del pomeriggio del 12 corrente ebbe luogo il primo Concerto Popolare di musica classica: il programma era tutto sinfonico e l’orchestra, formata di ottanta professori gentilmente coadiuvati da parecchi dilettanti, era guidata dal chiarissimo maestro cav. Pedrotti, il quale con quella passione per l’arte che tanto lo distingue ha rinunziato a qualsiasi emolumento. Il vasto recinto del teatro Vittorio Emanuele era abbastanza popolato in platea, scarso in prima galleria e in proporzione assai più numeroso nella seconda galleria dove infimo era il prezzo del biglietto. Il pezzo scelto a degnamente inaugurare questa solennità musicale è stato la sinfonia fantastica in Do minore di Foroni, lavoro udito solo qualche volta nei trattenimenti dell’Accademia Filarmonica, ma in ogni caso reso nuovissimo dalla calorosa interpretazione del Pedrotti e de’ suoi con un successo di entusiàsmo tale che la parola non vale ad esprimere; l’allegro ha addirittura elettrizzato il pubblico, e ignari e dotti, giovani e vecchi, uomini e donne sono stati rapiti da quel fascino dei violini librantisi con tanto garbo e con tanta vivacità nelle note acute: quella sinfonia è stata una rivelazione della potenza del genio di Foroni e perciò della supremazia che gli italiani tengono sugli stranieri anche nel genere sinfonico-classico di cui particolarmente vanno superbi i tedeschi antichi e moderni e i teutofili loro adoratori, mentre gli insistenti applausi, la prolungata e ripetuta ovazione fragorosissima al Pedrotti ed all’in [p. 170 modifica]170 GAZZETTA MUSICALE DI MILANO tiera orchestra dimostra come il popolo sappia comprendere e stimare i buoni lavori quando in modo come questo li vengono esibiti. Lascio lo Scherzo della sinfonia eroica di Beethoven, perchè è un po’troppo scolastico e un certo passo dei corni nel trio non ebbe una esecuzione finita; l’esito non corrispose al nome dell’autore ed alla generale aspettativa. Per contro la colossale sinfonia dello Struensée, di cui era ancor fresca la impressione avutane nel gran Concerto di beneficenza della scorsa quaresima, fu viemmaggiormente gustata e suscitò essa pure un vivissimo entusiasmo ed anzi se ne voleva la replica, la quale invece fu concessa al preludio primo dell’opera Lohengrin. L’ultimo piatto, il piatto dolce, destinato a far buona la bocca, era una gliiottornia della credenza rossiniana e si chiamava la sinfonia della Gazza ladra: e questo basta per dire che fece superba compagnia a quella di Foroni, suscitando, un diavolio di plausi e mandando a casa la gente contenta come pasque. Domenica, 26 corrente, avremo il secondo, con programma tutto variato, con un pezzo vocale per giunta e con una individualità artistica un tempo, ora filarmonica, che renderà il Concerto ancora più splendido e interessante. Dopo domani va in iscena Y Attila al Balbo, e quindi incomincieranno le prove d’orchestra della nuova opera Caterina di Belp del giovane maestro napolitano signor Bozzelli, insegnante nel Liceo musicale di Bergamo, e non direttore, come erroneamente ho detto nell’ultima mia. Chi ha udito al cembalo questa nuova produzione, ne parla assai favorevolmente: desidero che gli arrida benigna la sorte e che faccia onore al Conservatorio Partenopeo, presso il quale il novello compositore ha compita la sua musicale educazione. Nei primi giorni del mese prossimo poi avremo anche al Vittorio un’opera nuova, del merito della quale giudicherà nell’entrante settimana il pubblico genovese. Al Rossini, continuando L’Ombra a godere del massimo favore si alterna col Don Pasquale, ed ogni sera il teatro fa, come dicono i francesi, salle comble. U. GïCNOVA. 16 maggio. Progetto d’Appalto del teatro Carlo Felice - Madamigella Pejazet - Spettacoli del teatro Paria - Chi dura vince al Nazionale. Le future sorti del massimo teatro Carlo Felice sono bene o male assicurate. A noi non spetta il vedere se i padri coscritti di questa magna città abbiano o no provveduto conforme alle esigenze dell’arte e della importanza del teatro, il fatto è che la sera dell’8 corrente l’oracolo diede il suo responso, e per tre anni e forse anche per sei non si ritornerà più sull’argomento. Per darvi un’idea di quanto si fece e si stabili, vi estendo per sommi capi il progetto d’appalto pel detto teatro, elaborato dall’Assessore Federici e sanzionato dal voto del municipale Consiglio. L’appalto del teatro Carlo Felice deve cominciare dal l.° ottobre 1872 fino a tutto il l.° ottobre 1875, prorogabile per un altro triennio qualora non disdetto prima. È obbligo dell’impresa di dare spettacolo d’opera e ballo dal 26 dicembre alla domenica delle Palme. In tale periodo si dovranno dare cinque opere serie, compresa una nuova per Genova, e una grande opera-ballo: più due grandi balli, e non potranno darsi che due serate fuori d’abbonamento. L’impresa avrà la facoltà di aprire il teatro nel restante dell’anno per rappresentazioni d’opera, balli e commedie. Nel triennio d’appalto, l’impresa non potrà rifiutarsi di mettere in scena, a tutte sue spese, almeno tre opere nuove, di maestri preferibilmente genovesi, e gratuitamente. In compenso di ciò per la stagione d’obbligo l’impresa riceverà dal Municipio L. 55,000, l’uso di 19 palchi e l’orchestra di 63 professori, ma dovrà dare cauzione di L. 30,000. I veglioni saranno a beneficio dell’impresa, ed avrà l’uso del ridotto. Si dice, ma non lo credo, che tre sieno i concorrenti. Vedremo chi sarà il fortunato cui toccherà questo affare d’oro!!! Il Paganini ha chiuso i suoi battenti l’altra sera, e la signorina Dejazet è partita, lasciando nel pubblico genovese il desiderio di vederla ancora, nel Museo. Al Doria proseguono le rappresentazioni del Ballo in maschera e dei Puritani, la qual ultima opera seralmente migliorò, e attira buon pubblico. Nella ventura settimana udremo in tale teatro la nuova e prima opera del maestro Sassaroli: Riccardo duca di York. Le cose del Nazionale procedono bene, il Chi dura vince del Ricci, che venne messo in scena la sera dell’11, ebbe esito buonissimo. L’esecuzione è abbastanza buona, quantunque il basso e il baritono abusino un po’ troppo del gesto plateale per lasciare un cattivo effetto.nel pubblico. La prima donna, debuttante, va incoraggiata, ma sarebbe utile che studiasse meglio il carattere che rappresenta’, nè vesta da grisette allorché figura da superba contessa. Ieri sera assistei in questo simpatico recinto alla beneficiata della signora Giovanelli; oltre al Nuovo Figaro cantò la scena e aria dei gioielli nel Faust, essendo per ciò applauditissima e più volte chiamata al proscenio e regalata di molti bellissimi mazzi di fiori di cui quattro ornati da ricchi nastri di seta. Nel ballo piace sempre la prima ballerina Contardini. Le due Società filodrammatiche qui esistenti, versarono cospicue somme agli istituti di beneficenza, profitto delle loro filantropiche rappresentazioni. E già tappezzata la città dagli avvisi della Compagnia Rossi Mario, che andrà al Politeama a succedere a Chiarini che se ne va. ed è già annunciato l’arrivo dell’equestre compagnia Guillaume. N p. p PA-RlGrl, 15 maggio. Le Cento Vergini, opera buffa dei signori Clairvìlle, Chivot, Puru, musica del maestro Lecoq — Il Trovatore, la Traviata e la Norma al teatro Italiano. Le Cento Vergini, ecco il titolo d’un’opera buffa in tre atti, parole dei signori Clairville, Chivot e Duru, musica del signor Lecoq. Veramente essa non è nuova di pianta, perchè è stata rappresentata nel verno scorso a Bruxelles, ed è appunto il successo ottenuto nella capitale belga che ha spinto il direttore del teatro della Variété a metterla in scena a Parigi. Come musica, non è che una imitazione o piuttosto un’esagerazione del genere d’Offenbach, che dopo aver fatto tanto girar le teste qui, comincia a passar di moda, salvo a piacere immensamente in tutto il resto dell’Europa, senza pregiudizio del Nuovo-Mondo. Il sig. Lecoq avrebbe ingegno da rivendere, ma ha un gran torto: quello di non sapersi decidere ad esser sè stesso. Quando a rari intervalli vi si decide, la musica che scrive è davvero originale e gradevolissima; ma il più delle volte non fa che imitare servilmente il procedere di Offenbach e di Hervé. La colpa è meno sua che del pubblico, il quale applaude più fragorosamente la cattiva imitazione che il buon originale. V’ha, per esempio, un quintetto che fa le delizie dell’uditorio, la stretta sopratutto. Francamente, è una pagliacciata. Mover un valso su queste parole iniziali: Il ri est pas de bonheur è originale e veramente piacevole. Ma che volete! quando non vi sono les ficelles di Offenbach, il successo di queste musiche non è completo. L’argomento del libretto è assai scabroso, e se è più che leggiero nel fondo, rasenta l’indecente nei particolari. Eccolo in succinto: Il duca Anatolio di Quillenbois parte per l’Inghilterra la sera del suo matrimonio per andare a passarvi la luna dì miele con la sua sposa Gabriella. Un tal Poulardot, ex-fabbricante di pasta, viaggia aneli’ esso con la sua sposa (non giovine come Gabriella, ma piuttosto attempata) e incontrato che ha il duca, non lo lascia più un minuto, e prende posto a Londra nella stessa taverna. Bisogna premettere che cento Inglesi sono partiti per colonizzare l’Isola-Vérde, che hanno portato colà tutto quello che poteva esser necessario a tante migliaia di miglia di distanza, ma hanno dimenticato una derrata più che necessaria: le donne. Dopo essersi annoiati considerevolmente durante qualche tempo, scrivono in Inghilterra perchè si spediscano loro cento giovinette. L’ammiragliato, commosso dalla posizione veramente critica dei nuovi coloni, consente, fa imbarcare cento fanciulle su d’un piroscafo e le manda all’Isola-Verde. Ma il naviglio si perde. I coloni reclamano di nuovo. L’ammiragliato fa una seconda spedizione. Tutto questo è l’antefatto; la commedia comincia al momento in cui le seconde cento fanciulle vanno a sottoscrivere (volontariamente, beninteso!) su d’un registro, perindicare che vogliono partire per l’Isola-Verde. Il caso vuole che Gabriella, la sposa del duca, e madama Poulardot, sua amica,, vanno a visitare il naviglio. Il capitano crede che vengano per imbarcarsi come le altre, fa loro sottoscrivere il registro, il che esse fanno supponendo che sia una formalità di bordo,, ed eccolepartite per l’Isola-Verde. Immaginate un po’ la costernazione del duca che ha appena sposato la gentile Gabriella, e di Poulardot che vede rapirsi la sua cara metà. Al secondo atto la scena è all’Isola-Verde; i coloni, aspettano [p. 171 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO 171 con grande impazienza l’arrivo delle cento spose. Infatti il naviglio è segnalato, ecco che arriva, ma ahimè! avendo dovuto fermarsi in molti porti intermedii un gran numero di donne è rimasto a terra in queste frequenti stazioni, e di cento ch’erano, sono restate appena quattordici! Capirete facilmente che quattordici fanciulle non bastano a cento coloni. Come fare? Il governatore dell’isola trova un espediente assai ingegnoso: quello di mettere le quattordici donne in lotteria; i quattordici coloni che guadagneranno le avranno. Gli altri aspetteranno una nuova spedizione. Credo superfluo aggiungere che tra le quattordici sono la giovine duchessa Gabriella e la sua amica madama Poulardot I loro mariti sono arrivati, il cielo sa per quale prodigio, nell’Isola, ma per non esserne espulsi si decisero a prender gli abiti femminili. La lotteria ha luogo: tra i quattordici vincitori c’è il governatore dell’isola, il sig. Plupersonn ed il suo segretario Brididick. Il primo guadagna la giovine Gabriella, l’altro la grossa signora Poulardot. Qui comincia una serie di scene le une più buffe delle altre e tutte d’una inverosimiglianza spinta all’ultimo limite. Per esempio, il Governatore ed il suo segretario prendono i mariti per le donne, e credono invece che le due donne siano due uomini travestiti. Durante un atto intero il pubblico assiste ad un viavai di scene grottesche ed alle quali la madre farà cosa saggia di non condurre la figliuola; finalmente il Deus ex machina che deve trovar il nodo è il primo naviglio, quello che conteneva le prime cento fanciulle. Ecco che arriva nel porto dell’isola— Verde ed al gran completo. Sicché ora invece di quattordici, le donne sono centoquattordici. Togliete via la bella Gabriella e la signora Poulardot, restano centododici. 1 coloni sono cento, compresi il Governatore ed il suo Segretario. Per chi saranno le restanti dodici donne? Il Governatore con un sorriso malizioso fa capire che non è affatto imbarazzato del soprappiù. Io non sono certamente tra quelli che credono che l’arte drammatica è un sacerdozio, il teatro la scuola dei costumi ecc. Nullameno quando vedo che si va troppo lontano non saprei dar piena approvazione agli scrittori di commedie che fondano il loro successo sul genere troppo galante, al segno che le oneste donne non osano più andare al teatro. Dal breve riassunto delT intreccio di questo libretto non avrete potuto capire a che punto esso sia ■ scabroso. Non è tanto l’argomento che farebbe arrossir le donne, sono i particolari. Nel Nappo d’argento non è così: ivi tutto è doppio senso; manco male; si ha sempre l’espediente di dire che non si è pensato a male; ma nelle cento vergini le cose sono dette in modo così chiaro così spappato che non è da farsi la menoma illusione. Non m’incombe di fare il censore, ma posso almeno esser sorpreso di veder che tutti i giorni i fogli repubblicani si affannano a dire che sotto il secondo impero i costumi erano divenuti troppo leggieri. Non lo nego; ma son forse più austeri ora che il secondo impero è caduto? Pare dì no, a giudicarne almeno dalle produzioni teatrali che sono per la più parte il riflesso della società. Al Teatro Italiano abbiamo avuto due o tre serate assai importanti quella nella quale la Sasse e Monginì hanno cantato il Trovatore e che non ha fatto il grand’effetto che se ne sperava. La voce della Sasse è troppo forte per il Teatro Italiano; Mongini che non voleva restare al di sotto ha gridato più di lei, il basso Colonnesi ed il contralto Bracciolini han fatto altrettanto: non so come non li abbiate uditi di costà! L’altra serata «a sensazione» è stata quella nella quale la signora Floriani ha cantato la Traviala. Quando dico «ha cantato,» esagero. Ma ha avuto paura, e benché abbia aperto la bocca il suono non è uscito o cosi poco che non vai la pena che se ne parli. Tremava come una foglia ed è stata lì lì per cader svenuta. I quattro costumi che cambia durante la rappresentazione le avevano costato la bagatella di ventotto mila franchi! È pagar un po’ caro il piacere di farsi ammirare in pubblico. Ad una festa da ballo avrebbe fatto più effetto, ed avrebbe speso meno senza esporsi alla mortificazione di non poter cantare la parte. Finalmente la terza serata importante è stata quella nella quale la Penco ha cantato la Norma. Nulla di particolare per chi ha inteso questa musica cantata dalle prime artiste. E sabato Y Anna Balena con la Sasse. h B LONDRA, 13 maggio. Ancora del tenore Campanini al Drury-Lane nella Lucrezia Borgia. — Replica del Faust colla signora Maria Roze — Seconda rappresentazione della Marta al Covent-Garden — L’Albani, la Patti, la Nilsson e la Titiens. Nella seconda rappresentazione della Lucrezia Borgia, ch’era pure la seconda comparsa del Campanini davanti al pubblico del Drury Lane, v’ebbero gli stessi applausi, lo stesso entusiasmo che nella prima. Così il Campanini ha avuto un vero successo. La Maria Roze ha debuttato, come v’ho già detto, nel Faust. il quale fu ripetuto, presente in teatro l’illustre autore, martedì scorso. La voce della Roze non è potentissima ma è certo simpatica. Non veste per la scena troppo ammirabilmente, ma ciò forse è difetto d’esperienza. Col tempo essa certo apprenderà l’arte sua ch’oggi non possiede. Anche la Roze è francese; e il suo nome suonò un giorno altamente nei saloni, che furono, dell’Hotel de Ville. Il suo viso, se non bellissimo, è singolarmente attraente; ma della persona è forse un po’troppo pesante. Cantarono con lei benissimo il Vizzani, il Foli e la Trebelli-Bettini. Ho assistito alla seconda rappresentazione della Marta al Covent-Garden coll’Albani, col Graziàni, colla Scalchi, col Tagliafico e col Bettini. Poveretta, la Scalchi è stata seriamente e lungamente ammalata, e però da lei sarebbe impossibile, dopo sì breve tempo, aspettar maraviglie. L’Albani si distinse più che mai; parlarvi del Graziani e del Tagliafico sarebbe superfluo. Del Bettini dirò che dovè ripetere l’aria del terzo atto, che disse benissimo. Finalmente la diva svedese è arrivata in mezzo a noi dal continente americano. Con essa è arrivato anche il gran baritono inglese, M.r Santley, il quale ha costato dei buoni denari alla ditta Chappel e Compagnia! I giornali parlano d’una offerta di 120,000 lire rifiutata dalla Titiens per cantare al gran giubileo di Boston. E oltre le 120,000 lire la brava cantatrice, che non ha voluto abbandonare nemmeno per un mese il Mapleson, sarebbe stata completamente spesata. Il signor Gilmore è in cerca d’altre stelle, e conta trovarle, a quanto pare, nel firmamento italiano! Se non erro, non ve ne sono poche fìsse e in disponibilità! fVERONA. Al teatro Ristori la Favorita, fu un trionfo pel baritono Giraldoni e per la signora Carolina Ferni. Bene il tenore Aramburo. UDINE. Ci scrivono: Al teatro Nazionale ebbe luogo testé un concerto di mandolino del famoso cieco Vailati Dopo ognuno dei singoli pezzi eseguiti stupendamente da questo valente artista, gli applausi proruppero generali ed entusiastici. Il Carnevale di Venezia ad una corda sola è un prodigio di bravura e fu fatto ripetere. Presero parte lodevolmente al trattenimento la brava pianista signora Elisa Badolini, e la signora Teresa Santos che cantèi con molto garbo una canzone spagnnola EI esterno de una artista. — Ottimo esito al teatro Minerva la Saffo di Pacini. Fra gli esecutori piacquero più di tutti la signora Mallknecht-Antonietti e il tenore Celestini. Bene i cori, discreta l’orchestra. VALENZA (Piemonte’). Esito felice il Trovatore colle signore Vogri e Mariotti, col tenore Firpo e col baritono Mazzoli. LIVORNO. Saffo e Lucrezia Forgia furono due splendidi successi; piacque la signora Scaratti, la Veralli; il tenore Filippi Bresciani e il baritono Grandi. BARLETTA. Ci scrivono: Al Macbeth successe felicemente la Lucrezia Borgia. Ebbe ad interpreti le signore Cattinari-Fassi e Baldi, il tenore Palermi e il Parboni. La Cattinari-Fassi e Parboni ebbero i primi onori. Bene anche gli altri; cori ed orchestra diretta dal maestro Montenero, lodevoli. TORTONA. Ci scrivono: I due spettacoli dati al nostro teatro, cioè la Contessa d’Amalfi e la Lucia, ebbero esito assai lieto. Fra gli artisti emerge la signora Clerici, che è sempre applauditissima. TRIESTE. Ottimamente nella Jone la signora Pascal-Damiani, il tenore Tombesi, e il baritono Burgio, che furono applauditi con entusiasmo. Bene anche il basso Zucchelli. [p. 172 modifica]GAZZETTA MUSICALE DI MILANO MALAGA. Al teatro Cervantes ebbe esito splendido il Ballo in Maschera. BARCELLONA. Il teatro del Liceo è chiuso per il fallimento dell’impresa Baraldi. isPcUSSELLES. Coll Amleto di Thomas si chiuse la stagione al teatro la Monnaie. Firenze. Andrea Mazzanti, artista di canto. Friburgo. M. Wehrle, maestro di musica, mori il 25 aprile a 59 anni. _ brema. Th. Kurth, direttore del Coro del Duomo, morì il 3 aprile a 45 anni. Lubecca. Corrado Geibel, organista e compositore, morì il 24 aprile. Parigi. Eugenio Ferrand, segretario amministratore del Conservatorio, morì improvvisamente per rottura d’un aneurisma. Aveva 54 anni. — Il tenore Renard, morì a 47 anni. Stokolma. Van Boom, pianista, professore al Conservatorio. — Woodford. (Inghilterra). F. W. Bates, organista nella chiesa di Santa Maria, morì il 24 aprile a 53 anni. Calcutta. II Cosmorama Pittorico annunzia la morte del tenore Artoni, avvenuta il 14 aprile per apoplessia. Milano. — Giovedì passato ebbe luogo l’esperimento semestrale della scuola gratuita femminile di canto diretta dal bravo maestro Zarini. Furono eseguiti otto pezzi cioè: Solfeggi a tre voci di Panseron. Il viaggiatore — melodia di Schubert. Le vivandiere — terzettino di Gabussi. Due pezzi di Rati, uno d’indole religiosa; l’altro intitolato: Buona notte! Una trascrizione del Lohengrin — di Wagner. L Ave Maria di Mendelssohn per soprano e coro di donne, e infine il Coro dei vendemmiatori del medesimo. La giusta intonazione, e la precisione nei tempi con cui questi pezzi furono cantati, fa prova dell’ottimo insegnamento che viene dato alle allieve, disgraziatamente ancora poco numerose. Siete in errore. Vedevate la parola ninno che aveva l’u e Fanello spazio del mi-, dunque dovevate leggere: cogli u o mi ninno con quel che segue. Era certo difficile, ma non errato. — Parigi. II celebre cornista Vivier diede un bel concerto alla sala Erard, col concorso della signora Carvalho e dei signori Gardoni e Lubeck. — Berlino. Si è costituita una Società per la pubblicazione delle opere musicali degli antichi compositori. Sono in preparazione: le collezioni di canzoni a più voci di Deglin (1512); di Peter Schoeffer (1513); di Ott (1534-1544); di Finck (1536) e di Forster (1539 al 1556); le Flores musice di Hugo de Reutlingen (1488); il Bodecachardon di Glarean (1547); la Porte d’honneur di Mattheson (1740) e varie altre cose. Il sig. Robert Eitner è il fondatore e F amministratore di questa Società. — Pietroburgo. La Commissione per le riforme militari fece le seguenti eccezioni riguardo agli artisti: I membri dei Teatri Imperiali sono affatto esenti dal servizio militare finché sono addetti ai teatri. Tutti gli allievi dei teatri, che hanno terminato il loro corso, come pure quegli artisti che hanno abbandonato i teatri Imperiali, sono obbligati di servire tre anni nell’armata attiva e sono registrati nelle liste di riserva fino all’età di 36 anni. I pittori di prima e seconda classe, come anche gli allievi liberi del Conservatorio di Musica, devono servire effettivamente sei mesi e restano parimente nella riserva fino all’anno 36.°. I pittori di terza classe e quelli non classificati, al pari degli allievi della Scuola Musicale muniti di attestato, devono restare in servizio effettivo per un anno e mezzo ed appartengono alla riserva fino a 36 anni. Gli allievi dell’Accademia delle Belle Arti, inviati all’estero a spese dello Stato, sono totalmente esentati dal servizio effettivo, ma, come tutti gli altri artisti, rimangono nella riserva fino all’anno 36. Quattro degli abbonati che spiegheranno il Rebus, estratti a sorte, avranno in dono uno dei pezzi enumerati nella copertina della Rivista Minima, a loro scelta. SPIEGAZIONE DELLA SCIARADA DEL NUMERO 18: TER - AMO Ne mandarono la spiegazione esatta i signori: prof. Angelo Vecchio, Emilio Donadon, capitano Cesare Cavallotti, maestro Salvatore Botta, S. Saladini, Paolo Beliavite, Alfonso Fantoni. Estratti a sorte quattro nomi, riuscirono premiati i signori: Emilio Donadon, Paolo Beliavite, Salvatore Botta, Cesare Cavallotti. Editore-Proprietario, TITO DI GIO. RICORDI. Oggioni Giuseppe, gerente. Tipi Ricordi — Carta Jacob.