Pagina:Dei Sepolcri (Bettoni 1808).djvu/24

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12 c a r m e

     E me che i tempi ed il desio d’onore
Fan per diversa gente ir fuggitivo,
Me ad evocar gli eroi chiamin le Muse
Del mortale pensiero animatrici.
230Siedon custodi de’ sepolcri, e quando
Il tempo con sue fredde ale vi spazza
Fin le rovine, le Pimplée fan lieti
Di lor canto i deserti, e l’armonia
Vince di mille secoli il silenzio.
235Ed oggi nella Tróade inseminata
Eterno splende a’ peregrini un loco
Eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove die’ Dárdano figlio
Onde fur Troja e Assáraco e i cinquanta
240Talami e il regno della Giulia gente.
Però che quando Elettra udì la Parca
Che lei dalle vitali aure del giorno
Chiamava a’ cori dell’Eliso, a Giove
Mandò il voto supremo: E se, diceva,
245A te fur care le mie chiome e il viso
E le dolci vigilie, e non mi assente
Premio miglior la volontà de’ fati,
La morta amica almen guarda dal cielo
Onde d’Elettra tua resti la fama.
250Così orando moriva. E ne gemea
L’Olimpio; e l’immortal capo accennando